L'Assemblea Regionale Siciliana, nella seduta del 1° maggio 2013,
ha approvato il disegno di  legge  n.  69  dal  titolo  «Disposizioni
programmatiche e correttive per  l'anno  2013.  Legge  di  stabilita'
regionale.», successivamente pervenuto a questo  Commissariato  dello
Stato, ai  sensi  e  per  gli  effetti  dell'art.  28  dello  Statuto
speciale, il 4 maggio 2013. 
    Le disposizioni degli articoli 8, 13, 15, 16, 25, 28, 40, 46, 49,
55, 56, 60, 61, 62, 63, 64, 65, 66, 69, 71, 74, allegato 1,  relativo
all'art. 72, limitatamente ai capitoli 320013, 320014 e 320015, danno
adito a censure di ordine costituzionale. 
    Prima di procedere all'illustrazione dei motivi che  inducono  lo
scrivente a sottoporre al vaglio di codesta eccellentissima Corte  le
disposizioni sopra menzionate, si  ritiene  necessario  far  menzione
dell'iter procedimentale dell'iniziativa legislativa ai fini  di  una
migliore intelligenza delle norme in essa contenute. 
    Codesta  Corte  ha  piu'  volte  chiarito  che  l'obbligo   della
copertura finanziaria imposto  dall'art.  81  Cost.,  costituisce  la
garanzia costituzionale della responsabilita' politica  correlata  ad
ogni autorizzazione legislativa di spesa e che al  rispetto  di  tale
obbligo, rientrante tra quelli  di  coordinamento  finanziario,  sono
tenuti tutti gli enti in cui si articola la Repubblica. 
    Corollario  del  principio   posto   dall'art.   81   e'   quello
dell'equilibrio  finanziario  sostenibile,  elaborato  con  chiarezza
dalla   costante   giurisprudenza    di    codesta    Corte,    anche
antecedentemente al trattato di Mastricht, di cui adesso il patto  di
stabilita' e crescita costituisce il principale parametro esterno. La
centralita' di tale principio e' ancora piu' avvalorata dall'articolo
119 della Costituzione che implica, ed esige, la  stretta  osservanza
del principio  della  finanza  pubblica  responsabile  e  solidale  a
garanzia della complessiva tenuta del disegno costituzionale. 
    Il  principio  dell'articolo  81  e'  stato  reso  concreto   dal
legislatore ordinario che ne ha indicato gli strumenti e le modalita'
di attuazione nell'articolo 17 della legge 31 dicembre 2009,  n.  196
dal titolo  «Legge  di  contabilita'  e  finanza  pubblica»,  le  cui
disposizioni, costituendo principio  fondamentale  del  coordinamento
della finanza pubblica ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione,
si  applicano  anche  alle  regioni  a  statuto  speciale  in  quanto
finalizzate alla tutela dell'unita' economica della Repubblica. 
    Il cennato articolo 17 della legge n. 196/2009 non  solo  indica,
in attuazione dell'art. 81 della Costituzione, i mezzi  di  copertura
che devono essere individuati da ogni  legge  che  comporti  nuovi  o
maggiori oneri, ma anche dispone le modalita' per  pervenire  ad  una
puntuale   quantificazione   della   spesa   autorizzata   ed    alla
individuazione delle risorse da reperire. 
    Il comma 3 del medesimo  articolo  17,  infatti,  stabilisce  che
tutti i disegni  di  legge  che  comportano  conseguenze  finanziarie
«devono  essere   corredati   da   una   relazione   tecnica»   sulla
quantificazione delle  entrate  e  degli  oneri  recati  da  ciascuna
disposizione, nonche' sulle relative coperture. 
    Nella relazione tecnica devono essere altresi' indicati i dati  e
i metodi utilizzati per la quantificazione, le  loro  fonti  ed  ogni
elemento utile per la verifica tecnica in sede parlamentare. 
    Per quanto attiene poi, nello specifico, al disegno di  legge  di
stabilita', l'articolo 11 della cennata legge  n.  196/2009  richiede
«fermo restando l'obbligo di cui al  prima  illustrato  articolo  17,
comma   3»    la    predisposizione    di    una    specifica    nota
tecnico-illustrativa. 
    Alla luce della sopra riportata normativa, vincolante  anche  per
le Regioni a Statuto Speciale, come acclarato  da  codesta  Corte  da
ultimo con la sentenza n. 115 del 2012, ai fini di  una  quanto  piu'
ponderata ed esaustiva valutazione delle previsioni di entrata  e  di
spesa,  in  data  22  e   30   aprile   2013   e'   stato   richiesto
all'amministrazione    regionale,    nell'approssimarsi    dell'esame
parlamentare del disegno di legge in questione, di voler fornire,  ai
sensi dell'art. 3 del  d.P.R.  n.  488/1969,  copia  della  relazione
tecnica in quanto quelle allegate al testo originariamente presentato
dal Governo regionale (all.  1),  e  all'emendamento  successivamente
depositato  in  Assemblea  (all.  2)  non  presentavano  i  requisiti
previsti dall'art. 17 legge n. 196/2009. 
    L'esigenza di acquisire elementi  tecnici  di  valutazione  sulle
previsioni  di   entrata   era   stata   peraltro   avvertita   anche
dall'Assemblea Regionale che aveva formulato  apposita  richiesta  al
Ragioniere Generale della Regione. Soltanto  il  4  maggio  2013,  ad
avvenuta approvazione del disegno di legge,  e'  pervenuta  a  questo
Commissariato     la     relazione     tecnica     sui      documenti
economico-finanziari,  datata  3  maggio  2013,  che   peraltro   non
contempla  tutte  le   disposizioni   contenute   nel   provvedimento
legislativo e che e' stata integrata con successiva nota  sempre  del
Ragioniere Generale del  6  maggio  2013,  in  pendenza  del  termine
dell'esame della legge (all. 3 e 4). 
    L'assenza di adeguata preventiva valutazione  tecnico-finanziaria
sugli effetti della disposizione legislativa approvata comporta, come
si illustrera' in prosieguo,  la  censura  di  costituzionalita'  per
violazione dell'art. 81 della Costituzione di numerosi articoli. 
    L'art 8, che si riporta, si pone in contrasto con gli  artt.  81,
comma 4 e 117 della Costituzione. 
    «1.  Per  il  biennio  2014-2015  sono  mantenute   le   medesime
maggiorazioni dell'aliquota dell'imposta  regionale  sulle  attivita'
produttive   e   dell'addizionale   regionale    all'IRPEF    vigenti
nell'esercizio finanziario 2013, fatti salvi  comunque  i  regimi  di
esenzione. 
    2. I maggiori gettiti  di  cui  al  comma  1,  come  stimati  dal
Dipartimento  delle  finanze  del  Ministero  dell'economia  e  delle
finanze, compresi quelli  relativi  all'esercizio  finanziario  2013,
sono destinati alla copertura dei disavanzi di gestione del  servizio
sanitario regionale. 
    3. Per l'esercizio finanziario 2013, i maggiori gettiti di cui al
comma 2  sono  destinati  alla  finalita'  del  medesimo  comma  sino
all'importo massimo di 120.808 migliaia di euro.». 
    La  previsione  di  cui  al  comma  1,  del  mantenimento   della
maggiorazione  dell'aliquota  fiscale  dell'IRAP  e  dell'addizionale
regionale all'IRPEF per il solo biennio 2014-2015,  anziche'  per  il
triennio 2014-2016, si pone in contrasto con l'articolo 2, comma  80,
della legge  n.  191/2009,  che  prevede  l'obbligo  per  la  regione
sottoposta  a  piano  di  rientro  (o  a   programma   operativo   di
prosecuzione dello stesso,  ai  sensi  dei  commi  88  e  88-bis  del
medesimo articolo) del mantenimento, per l'intera durata  del  piano,
delle maggiorazioni di IRAP e addizionale regionale all'IRPEF e della
relativa  finalizzazione  al  finanziamento  del  servizio  sanitario
regionale. Atteso che il programma operativo della Regione Siciliana,
di prosecuzione del Piano di rientro dai disavanzi sanitari, ai sensi
dell'art. 11, comma 1, del  decreto-legge  78/2010,  convertito,  con
modificazioni dalla legge n. 122/2010, si articolera' negli  esercizi
2013, 2014 e 2015, e' indispensabile che il  relativo  fabbisogno  di
copertura si protragga per l'intero periodo 2014-2016. 
    La disposizione in  questione  non  garantisce  la  copertura  al
citato Programma operativo per l'intera sua durata. 
    Analogamente anche la previsione di cui al comma  3  si  pone  in
contrasto con il cennato art. 2, comma 8 della legge n. 191/2009, che
espressamente  prevede,  da  un  canto,  l'obbligo  per  la   regione
sottoposta a piano di rientro o a programma operativo di prosecuzione
dello   stesso,   di   mantenere   le   maggiorazioni   dell'IRAP   e
dell'addizionale IRPEF per l'intera durata del piano  e,  dall'altro,
la possibilita', qualora si verifichi  il  rispetto  degli  obiettivi
economico-finanziari  del  piano  con   risultati   quantitativamente
migliori, di ridurre nell'esercizio successivo le aliquote fiscali in
misura corrispondente al migliore risultato ottenuto. 
    La  facolta'  di  riduzione,  che  opera  certamente  «ex  post»,
ovverossia soltanto dopo la verifica da parte dei  competenti  organi
statali dell'avvenuto conseguimento degli obiettivi propri del  piano
di rientro, implica anche la facolta'  di  un  diverso  utilizzo.  La
norma teste' approvata, invece, destina  a  priori  solo  una  parte,
unilateralmente determinata, non essendo stata ancora verificata  dai
tavoli tecnici la sussistenza delle condizioni  economico-finanziarie
che legittimano la  destinazione  di  parte  del  gettito  fiscale  a
finalita' extra sanitarie. Peraltro la Relazione tecnica, anche nella
sua parte integrativa, conferma che in atto  non  si  e'  determinato
ufficialmente  il  tavolo  tecnico  istituito  presso  il   Ministero
dell'Economia. 
    L'art. 13 prevede l'incremento, a far data dal 1°  gennaio  2013,
del 20% per la produzione di idrocarburi liquidi e  gassosi  ottenuti
nel territorio della Regione che il titolare di ciascuna  concessione
e' tenuto a corrispondere annualmente. Per  le  medesime  concessioni
non sono previste esenzioni al pagamento delle aliquote stesse. 
    Secondo  quanto   sancito   da   codesta   Corte   con   costante
giurisprudenza  (ex  plurimis  sent.  n.  432/1997)  il  divieto   di
retroattivita' della legge, pur non essendo stato elevato a  dignita'
costituzionale salvo  che  per  la  materia  penale,  costituisce  un
fondamentale  valore  di  civilta'  giuridica  e  principio  generale
dell'ordinamento,  cui  il  legislatore  ordinario  deve  di   regola
attenersi. 
    Nel rispetto di tale principio il legislatore puo' emanare  norme
innovative con efficacia retroattiva solo quando  le  stesse  trovino
adeguata giustificazione sul piano  della  ragionevolezza  e  non  si
pongano in contrasto con altri valori ed interessi costituzionalmente
protetti, cosi' da  non  incidere  arbitrariamente  sulle  situazioni
sostanziali poste in essere dalle leggi preesistenti. 
    Emerge  quindi  come  la  retroattivita'   abbia   carattere   di
eccezionalita' conformemente alle previsioni contenute  nell'articolo
11 delle preleggi e, anche se non escludibile a priori, deve  trovare
una corretta  giustificazione  sul  piano  della  ragionevolezza  che
ridonda  nel  divieto  di  introdurre  un'immotivata  disparita'   di
trattamento. 
    Proprio sotto questo profilo la disposizione  appare  censurabile
in quanto nell'intero contesto normativo, volto a reperire nuove  e/o
maggiori risorse con cui far fronte  agli  impegni  finanziari  della
Regione, solo per una categoria di operatori economici viene prevista
l'efficacia retroattiva agli incrementi dei canoni dovuti. 
    Sul punto non e' dato inoltre rinvenire nella  relazione  tecnica
alcuna quantificazione del prevedibile maggior gettito  che  potrebbe
in  teoria  giustificare  il  perseguimento  di  altri  valori   piu'
rilevanti di  quello  della  tutela  dell'affidamento  legittimamente
sorto in soggetti destinatari della norma e cosi' motivare il diverso
trattamento disposto  nei  confronti  di  altri  operatori  economici
destinatari degli articoli 12 e  15  cui  i  relativi  incrementi  di
canone decorrono dalla data di entrata in vigore della, legge. 
    L'art. 15, comma 4,  fra  le  varie  riserve  nel  riparto  delle
assegnazioni ordinarie per i comuni, alla lettera m) dispone che  sia
assegnata una quota pari a  600  migliaia  di  euro,  a  disposizione
dell'Assessore regionale  per  le  autonomie  locali  e  la  funzione
pubblica,  per  fronteggiare  esigenze  dei  comuni  che   registrano
emergenze sociali e di criminalita' organizzata e che gestiscono beni
confiscati, al fine di garantire l'erogazione di servizi primari  per
l'infanzia o per interventi in favore di comuni che,  in  assenza  di
contributo regionale, hanno comunque proceduto  alla  stabilizzazione
di personale ex LSU, nonche'  per  fronteggiare  emergenze  abitative
derivanti da  eventi  eccezionali  non  ricompresi  nelle  precedenti
lettere.  Con  decreto  del  dirigente  generale   del   Dipartimento
regionale  delle  autonomie  locali  si  provvede  al  riparto  della
predetta somma. 
    Tale previsione,  nell'accomunare  finalita'  diverse  (emergenze
sociali, criminalita' organizzata,  erogazione  servizi  primari  per
l'infanzia, misure di sostegno per la stabilizzazione  del  personale
ex LSU, emergenze abitative) senza definire i criteri per il  riparto
ai singoli comuni e le quote da  assegnare  ad  ogni  singolo  scopo,
appare  lesiva  del  principio  di  legalita'  posto   a   fondamento
dell'azione amministrativa e, pertanto, in contrasto  con  l'articolo
97 della Costituzione anche sotto il profilo dell'incertezza e  della
difficolta' nel dare attuazione  allo  stesso,  atteso  che  peraltro
alcune delle finalita' individuate  dalla  norma  costituiscono  gia'
oggetto di autonomi e distinti finanziamenti a  carico  del  bilancio
regionale. 
    Codesta   eccellentissima   Corte   ha   piu'   volte   affermato
l'imprescindibile necessita'  che  in  ogni  conferimento  di  poteri
amministrativi sia osservato  il  principio  di  legalita',  che  non
consente l'indeterminatezza del potere conferito dalla legge  ad  una
autorita' amministrativa (sent. C.C. 115/2011). 
    Parimenti la lettera n), che attribuisce una  quota  pari  a  700
migliaia di euro, in favore del Corpo dei vigili urbani del comune di
Messina per l'emergenza traffico  non  appare  conforme  ai  principi
degli articoli 3 e 97 della Costituzione giacche' introduce una norma
di privilegio per il solo comune di Messina a fronte  del  contributo
di carattere generale previsto dalla lett. d) del medesimo comma. 
    Non appare, infatti, rinvenibile alcuna plausibile  ed  obiettiva
motivazione a sostegno dell'assegnazione di 700.000 euro per un  solo
ente locale, seppure di notevoli  dimensioni,  in  corrispondenza  di
un'assegnazione globale per tutti  i  comuni  dell'isola  pari  a  11
milioni di euro. 
    L'art. 16 si pone in contrasto con gli articoli 23 e 117, comma 2
lett e) Cost. 
    Esso infatti prevede che «I Comuni ricadenti nelle  isole  minori
... sono autorizzati, anche in riferimento  a  quanto  gia'  previsto
dalla legge 26 aprile 2012 n. 44, a determinare il ticket  di  sbarco
alle isole minori siciliane e il ticket di accesso alle sommita'  dei
vulcani, entro la  misura  massima  unitaria  di  e'  euro  5,00  per
ciascuna tipologia di ticket.» 
    La   disposizione   in   esame,   nonostante   l'utilizzo   della
terminologia «ticket di sbarco»  -  che  apparentemente  sembra  fare
riferimento ad un compenso  di  natura  corrispettiva  -  costituisce
un'entrata di evidente natura tributaria, che  si  caratterizza  come
prelievo  coattivo  di  ricchezza  destinato  al  soddisfacimento  di
bisogni  pubblici.  In  tal  senso  depone,  del  resto,  l'esplicito
riferimento, anche se impreciso, alla legge 26 aprile 2012, n. 44, la
quale nel convertire il d.l. 2 marzo 2012, n. 16, ha  introdotto  nel
corpo dell'art. 4, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23,  il  comma  3-bis
con il quale e' stata istituita la c.d. imposta di sbarco nelle isole
minori. 
    Ad avallare la tesi della natura tributaria della fattispecie  in
esame milita anche la circostanza che il  comma  2  dell'articolo  in
questione stabilisce che «il ticket di sbarco e il ticket di  accesso
alle sommita' dei  Vulcani  dovra'  essere  riscosso,  unitamente  al
prezzo del biglietto», elemento che esclude la  natura  corrispettiva
del prelievo. 
    In ordine alla  legittimita'  dell'istituzione  dei  prelievi  in
esame occorre rilevare che l'art.  36  dello  Statuto  Speciale,  pur
riconoscendo alla Regione la facolta'  di  istituire  tributi  propri
regionali, non prevede che essa possa  istituire  o  autorizzare  gli
enti locali situati nel  proprio  territorio  ad  istituire  "tributi
locali". 
    Ne' tale facolta' puo' desumersi dalle norme d'attuazione  ed  in
particolare dall'art. 6, secondo comma, del d.P.R. 26 luglio 1965, n.
1074, recante  «Norme  di  attuazione  dello  Statuto  della  Regione
siciliana  in  materia  finanziaria».  Tale  disposizione,   infatti,
prevede esclusivamente che  «Nei  limiti  dei  principi  del  sistema
tributario dello Stato la Regione puo'  istituire  nuovi  tributi  in
corrispondenza alle particolari esigenze della comunita' regionale». 
    Pertanto l'articolo in  esame  eccede  i  limiti  della  potesta'
legislativa regionale in materia  tributaria  previsti  dall'art.  36
dello Statuto speciale e dall'art. 6 del D.P.R. n. 1074 del 1965. 
    Anche a voler  ammettere  che  l'istituzione  di  tributi  locali
rientri nella potesta' legislativa in materia tributaria riconosciuta
alla Regione Siciliana,  «il  ticket  di  sbarco  alle  isole  minori
siciliane» appare in ogni caso illegittimo, in quanto contrasta con i
principi del sistema tributario dello Stato di cui al citato art.  6,
comma 2, del d.P.R n. 1074 del 1965. 
    L'imposta  in  esame,  infatti,   nel   prevedere   il   medesimo
presupposto impositivo del  prelievo  istituito  dall'art.  4,  comma
3-bis del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23 - peraltro gia' disciplinato da
diversi comuni siciliani come Favignana, Lipari, Santa Marina  Salina
e Malfa - finisce sostanzialmente con il sovrapporsi ad esso. 
    La formulazione della norma, poi, lascia spazio  all'ipotesi  che
il tributo regionale possa anche considerarsi aggiuntivo  all'imposta
di sbarco, con il conseguente aggravio dell'imposizione di  oltre  il
400%, dal momento che la norma proposta prevede che la misura massima
del ticket sia di euro 5,00. 
    Ove poi, l'intenzione del legislatore  regionale  sia  quella  di
elevare l'importo dell'imposta di  sbarco  vigente  -  fissato  nella
misura massima di E 1,50 - anche sotto tale prospettazione e'  palese
l'illegittimita' della norma, in quanto al legislatore regionale  non
e' consentito intervenire  sulla  disciplina  dei  tributi  erariali,
ancorche' devoluti agli enti locali, in quanto la materia  tributaria
rientra nella potesta' legislativa esclusiva statale di cui  all'art.
117, secondo comma, lett. e) della Costituzione. 
    In entrambe le ipotesi l'imposizione  verrebbe  estesa  anche  ai
soggetti che, in virtu'  di  specifiche  caratteristiche  soggettive,
sono  espressamente  esentati  dall'imposta   di   sbarco.   Infatti,
contraddicendo palesemente la ratio che ha  ispirato  il  legislatore
nazionale,  «il  ticket  di  sbarco  alle  isole  minori   siciliane»
finirebbe con l'applicarsi anche ai soggetti residenti nel comune, ai
lavoratori, agli studenti pendolari, nonche' ai componenti dei nuclei
familiari dei soggetti che risultino aver pagato l'imposta municipale
propria e che sono parificati ai residenti. 
    E' opportuno, altresi', evidenziare che il  gettito  del  tributo
statale «e' destinato a finanziare interventi in materia di turismo e
interventi di fruizione e recupero dei beni  culturali  e  ambientali
locali, nonche' dei relativi servizi pubblici locali»;  viceversa  il
ticket regionale appare totalmente svincolato da tali finalita'. 
    In altri termini, il nuovo tributo regionale finisce con il porsi
in palese contraddizione con il vigente tributo  statale  e  risulta,
pertanto, in contrasto con l'art. 117, secondo comma, lett. e)  della
Costituzione nonche' con l'art. 36 dello  Statuto  e  con  l'art.  6,
comma 2, del d.P.R. n. 1074 del 1965. 
    Anche il «ticket di  accesso  alle  sommita'  dei  vulcani»,  pur
configurandosi come tributo sostanzialmente nuovo, appare illegittimo
per violazione dell'art. 23 della Costituzione. 
    Nella norma regionale, infatti, risultano sostanzialmente  omessi
alcuni  elementi  essenziali   della   fattispecie   tributaria.   In
particolare, non appaiono  correttamente  delimitati  il  presupposto
impositivo del nuovo tributo - limitandosi la norma a  prevedere  che
esso colpisce «l'accesso alla sommita'  dei  vulcani»  -  i  soggetti
passivi del tributo, ed il sistema  sanzionatorio,  elementi  la  cui
determinazione   non   puo'   essere   rimessa    al    provvedimento
dell'Assessorato regionale delle Autonomie locali  e  della  funzione
pubblica di concerto con l'Assessorato regionale dell'economia,  come
dispone il comma 2 dell'articolo in esame. 
    Si ritiene  che  l'art  25  al  comma  5  sia  in  contrasto  con
l'articolo   97   della   Costituzione.   Esso   infatti    riproduce
sostanzialmente la previsione, oggetto di impugnativa del  26  aprile
2012 avverso l'art. 11, comma 12 del disegno di legge n. 801. 
    La disposizione  comporta  la  riviviscenza  di  una  norma  gia'
abrogata (id est gli, artt. 9 e 12 della L.R. n. 36/1999) a far  data
dall'entrata in vigore della L.R. n. 26/2012. 
    In merito alla riviviscenza  di  disposizioni  abrogate,  codesta
Corte  ha  acclarato  che,  per  regolare  l'azione   amministrativa,
l'adozione di una disciplina  normativa  foriera  d'incertezza,  come
l'attuale, attinente alla prosecuzione e al rinnovo di  contratti  di
lavoro a tempo determinato, puo' generare  conseguenze  imprevedibili
anche sotto  l'aspetto  finanziario  e  tradursi  quindi  in  cattivo
esercizio  delle  funzioni  affidate   alla   cura   della   Pubblica
Amministrazione. 
    Il comma 7 del medesimo articolo  dispone  che,  nell'ambito  del
contenimento della spesa e della valorizzazione delle  risorse  umane
del  settore  forestale,   tutte   le   prestazioni   relative   alla
progettazione  preliminare  definitiva  ed  esecutiva,  nonche'  alla
direzione  dei  lavori  e  agli  incarichi   di   supporto   tecnico-
amministrativo per le attivita' di  forestazione  e  di  sistemazione
idraulico-forestale    ed    idraulico-agraria,    siano    espletate
esclusivamente da  personale  interno  all'amministrazione  regionale
«senza alcun compenso». 
    L'esclusione di ogni forma  di  remunerazione  per  le  succitate
attivita' lavorative si ritiene essere in contrasto con gli arti.  3,
36 e 97 della Costituzione. Appare infatti irragionevole preporre  in
forma esclusiva il personale  dipendente  a  significative  attivita'
escludendo al contempo la corresponsione dei compensi dovuti per  gli
incarichi in questione previsti dall'art. 92, comma 5, del d.lgs.  n.
163/06, che invece  continuano  ad  essere  attribuiti  al  rimanente
personale in servizio negli altri dipartimenti regionali. 
    Non appare conforme al principio costituzionale di  cui  all'art.
36 l'esclusione apodittica del  diritto  alla  retribuzione,  seppure
accessoria, del  lavoratore  che,  nella  fattispecie  in  questione,
sarebbe gravato di un maggiore carico lavorativo. 
    La disposizione non e' altresi' confacente al principio  di  buon
andamento della pubblica amministrazione  in  quanto  e'  agevolmente
prevedibile  che  i  soggetti  destinatari  delle  norme  avviino  un
contenzioso con l'amministrazione. 
    Del pari le disposizioni di cui all'art. 28, commi 2, 3,  5  e  6
costituiscono oggetto di censura. 
    Preliminarmente si rileva la violazione  dell'art.  81,  comma  4
della Costituzione atteso che nella  relazione  tecnica  nulla  viene
riportato circa la determinazione dell'onere e la relativa  copertura
che verrebbe posta, oltre che a carico del capitolo 313316, anche con
le generiche disponibilita' dell'UPB 6.31.3.99, nonche'  con  le  non
meglio identificate risorse del FSE «Progetto Spartacus». 
    A fronte della disposta soppressione dell'ente (comma 1) e  della
contestuale nomina  di  un  commissario  liquidatore  (comma  4),  il
legislatore  esprime  la  volonta'  di  sopprimere  il  Consiglio  di
Amministrazione  dello   stesso   ente   (comma   6)   nominando   un
amministratore unico, con un compenso non  superiore  a  30.000  euro
annui, la cui attivita' non potrebbe che confliggere con  quella  del
commissario liquidatore. 
    Al commissario liquidatore, che avrebbe il compito di definire le
masse attive e passive dell'ente soppresso,  verrebbero  sottratti  i
beni immobili, gli impianti fissi, l'arredamento e le attrezzature di
proprieta' del CIAPI di Palermo affidati in uso gratuito a quello  di
Priolo. Per quanto attiene poi la  sorte  del  personale  dipendente,
viene prevista la  possibilita'  di  un  trasferimento,  senza  oneri
aggiuntivi a carico del  bilancio  regionale,  al  CIAPI  di  Priolo.
L'insieme di queste disposizioni appare non  sorretto  da  plausibili
giustificazioni di  carattere  tecnico-amministrativo  e  foriero  di
incertezze applicative in sede di attuazione e  pertanto  si  ritiene
che le stesse si pongano in contrasto con gli articoli 3 e  97  della
Costituzione. 
    Il secondo comma dell'art. 40, testualmente recita «I consorzi di
bonifica sono  autorizzati  ad  avvalersi,  fino  alla  data  del  31
dicembre 2013, del personale d'ufficio assunto con contratto a  tempo
determinato, stipulato ai sensi dell'articolo 3 della legge regionale
30 ottobre 1995, n. 76 e successive modifiche ed integrazioni.» 
    La disposizione si ritiene essere lesiva degli articoli 3,  51  e
97 della Costituzione. 
    La citata norma, che proroga ulteriormente i contratti a termine,
gia' scaduti piu' volte rinnovati ai sensi della normativa  regionale
previgente,  costituisce  una  chiara  elusione  del  principio   del
pubblico concorso previsto dall'art. 97 della Costituzione a garanzia
dell'uguaglianza,  imparzialita'  e  buon  andamento  della  Pubblica
Amministrazione. 
    Le  proroghe  dei  contratti  a  termine  previste  dalla   norma
impugnata sono chiaramente finalizzate a far rientrare  i  lavoratori
titolari di  tali  contratti  in  un  piano  di  assunzione  a  tempo
indeterminato. 
    La norma in questione perpetuando una modalita' di assunzione del
personale, per porre rimedio ad eventuali carenze di organico, che fa
del  contratto  a  termine  un  modo  ordinario  di  assunzione   del
personale,   non   riservandola,   come   dovrebbe,    ad    esigenze
straordinarie, viola l'art. 97 della Costituzione. 
    La disposizione inoltre, nel prevedere una proroga  generalizzata
senza  alcun  riferimento  alle  effettive  esigenze   degli   uffici
interessati, si pone in contrasto anche con l'art. 117 comma 2, lett.
l) della Costituzione che riserva allo Stato la competenza  esclusiva
in materia di ordinamento civile. 
    La Relazione tecnica infine, pur trattandosi di norma in  materia
di personale, non contiene alcuna stima  e  valutazione  degli  oneri
derivantine  e   pertanto   in   assenza   di   idonei   criteri   di
quantificazione delle spese, si ritiene che le disposizioni di cui ai
commi 2 e 4  dell'art.  40  siano  lesive  anche  dell'art  81  della
Costituzione. 
    Il comma 3 dell'art. 46, che si trascrive, da' adito a censure di
costituzionalita'  per  violazione  degli  articoli  3  e  97   della
Costituzione. 
    3. L'Assessorato regionale dell'energia e dei servizi di pubblica
utilita'  -  Dipartimento  regionale  dell'acqua  e  dei  rifiuti  e'
autorizzato a modificare il rapporto  convenzionale  con  Siciliacque
S.p.A. per il mantenimento in stand-by degli impianti di dissalazione
di Porto Empedocle e Gela,  con  prioritaria  copertura  degli  oneri
derivanti dal mantenimento dei livelli  occupazionali  delle  cessate
gestioni degli impianti stessi ed assunti  in  carico  a  Siciliacque
S.p.A. e con oneri a carico della stessa societa'. 
    Il legislatore intende autorizzare un'unilaterale modifica di  un
rapporto convenzionale dell'amministrazione regionale con la societa'
«Siciliacque» ponendo  a  carico  della  stessa  il  mantenimento  in
servizio dei dipendenti dei  precedenti  gestori  degli  impianti  di
dissalazione di Porto Empedocle e di Gela. 
    Nella relazione tecnica, nella  parte  relativa  alle  previsioni
dell'art. 46, non  e'  fatta  alcuna  menzione  ne'  del  numero  dei
dipendenti e del relativo onere retributivo  ne'  dell'importo  della
convenzione. La stessa potrebbe prevedere un corrispettivo tale  che,
a seguito della disposta assunzione di oneri per il  mantenimento  in
servizio di un numero di dipendenti non corrispondente alle attivita'
gestionali di impianti in stand-by, potrebbe non essere piu'  congruo
ed adeguato  per  genere  e  quantita'  delle  prestazioni  richieste
nell'originaria pattuizione. 
    La norma appare quindi essere in contrasto con  l'art.  97  della
Costituzione  giacche'  posterga  l'interesse  ad  una  corretta   ed
ottimale  gestione  del  servizio   al   mantenimento   dei   livelli
occupazionali, finalita' questa condivisibile, ma da  perseguire  con
gli   ordinari   strumenti   previsti    dall'ordinamento    e    non
surrettiziamente  con  il  ricorso   a   modifiche   unilaterali   di
convenzioni gia' stipulate. 
    La disposizione  di  cui  all'art.  49,  di  oscuro  significato,
inserisce un comma aggiunto all'art. 33 della L.R. n. 6/2009 in  base
al quale l'Assessore regionale dei lavori pubblici e'  autorizzato  a
stipulare con istituti di credito  apposite  convenzioni  finalizzate
"alla stipula di contratti di mutuo ventennale"  con  proprietari  di
immobili  situati  in  centri  storici  per  opere  di   manutenzione
straordinaria, ponendo a carico  del  bilancio  regionale  gli  oneri
derivanti dal costo degli interessi. 
    La norma teste' approvata, stante il  tenore  della  disposizione
integrata, sembrerebbe inserirsi «ex  post»  nella  disciplina  della
corresponsione delle agevolazioni e quindi nei  rapporti  oggetto  di
convenzione, non precisando a quali  si  riferisca,  ovverossia  alla
convenzione stipulata tra Assessore  ed  Istituti  di  credito  o  al
contratto di mutuo sottoscritto dai singoli proprietari  di  immobili
ed istituti di credito convenzionati. 
    In  ogni  caso  la  norma  sembrerebbe  contenere   una   valenza
interpretativa «il termine entro il quale l'agevolazione  e'  erogata
si  intende  a  far  data  dalla   comunicazione   di   fine   lavori
all'amministrazione comunale competente.....» con potenziali  effetti
retroattivi su atti negoziali gia' perfezionati determinando  inoltre
una  prevedibile  diversa  cadenza  temporale  della  decorrenza  del
beneficio  qualora  vi  siano  piu'  soggetti  titolari   di   unita'
immobiliari dello stesso edificio. 
    L'assenza di una relazione esplicativa  da  cui  possa  desumersi
l'intento del legislatore e  la  portata  dell'intervento  normativo,
verosimilmente rivolto  a  rapporti  giuridici  gia'  perfezionati  e
conclusi negli effetti, induce peraltro a ritenere che la norma possa
contenere un'impropria sanatoria di atti precedentemente adottati  in
difformita'  dalla  legge  in  assenza  di  un   interesse   pubblico
preminente di carattere generale. 
    Per le ragioni prima esposte si ritiene che la  disposizione  "de
qua", di dubbia interpretazione e conseguente applicazione, si  ponga
in contrasto con gli artt. 3  e  97  della  Costituzione,  in  quanto
appare avulsa dal prima menzionato  art.  33  della  L.R.  6/2009  ed
incoerente con lo stesso. 
    Il terzo comma dell'art. 55 pone a carico degli enti del  settore
pubblico   regionale   l'obbligo   di   assicurare   la    diffusione
dell'informazione  dell'attivita'  istituzionale  con  le   modalita'
previste dal  precedente  comma  2  ovverossia  la  pubblicazione  su
quotidiani regionali e nazionali oltreche'  su  quotidiani  online  e
settimanali a diffusione regionale di articoli di  approfondimento  e
diffusione per i cittadini di provvedimenti adottati aventi interessi
generali. 
    Il legislatore, tuttavia, non provvede in alcun modo  a  definire
l'onere  a  carico  degli  enti  e  a  darne  la  relativa  copertura
finanziaria ponendosi cosi' in palese contrasto con quanto prescritto
dall'art. 81, comma 4 della Costituzione.  Tale  principio  non  puo'
essere eluso, invero, dal legislatore addossando ad enti  della  c.d.
finanza pubblica allargata una spesa senza indicare i mezzi  con  cui
farvi fronte (sent. n 92/81 C.C.) 
    Del pari il comma 4 del  medesimo  articolo,  che  riproduce  una
norma gia' oggetto di impugnativa con il ricorso del 26  aprile  2012
avverso l'art. 11 comma 120 del ddl.n. 801,  costituisce  oggetto  di
censura. 
    La disposizione introduce  forme  di  pubblicita'  degli  appalti
diverse da quelle previste dagli articoli 66 e 122 del  Codice  degli
Appalti di cui al d.lgs n. 263/2006. Trattandosi di aspetti  inerenti
alle procedure di affidamento (cosi' come acclarato da codesta  Corte
nella sentenza n. 411/2008) e quindi rientranti nella  materia  della
tutela della concorrenza, le norme del predetto codice  costituiscono
un  legittimo  limite  all'esplicarsi  della   potesta'   legislativa
esclusiva  della  Regione.  Questa,  quindi,  si  ritiene  non  possa
adottare, per  quanto  riguarda  la  tutela  della  concorrenza,  una
disciplina  con  contenuti  difformi   da   quella   assicurata   dal
legislatore statale con il d.lgs. n. 163/2006,  in  attuazione  delle
prescrizioni poste dalla U.E. (sentenza C.C. n. 221/2010).  La  norma
e' pertanto in contrasto con l'art. 117, comma 2 lett. e) Cost. 
    L'art. 56, rubricato «personale Iridas», dispone che la somma  di
215 migliaia di euro del capitolo 373304 del bilancio  della  Regione
denominato «contributo all'istituto dei ciechi opere riunite Florio e
Salomone di Palermo»  sia  destinata  per  l'utilizzo  del  personale
dell'Iridas da parte del suddetto Istituto. 
    Tale previsione di nuova  spesa  si  ritiene  essere  censurabile
sotto il  profilo  della  violazione  dell'art.  81,  comma  4  della
Costituzione. 
    Codesta eccellentissima Corte ha piu' volte ribadito,  da  ultimo
nella sentenza n.  115/2012,  che  ove  la  nuova  spesa  si  ritenga
sostenibile senza ricorrere alla individuazione di ulteriori risorse,
per effetto di una piu' efficiente e  sinergica  utilizzazione  delle
somme  allocate  nella  stessa  partita  di  bilancio  per  promiscue
finalita',  la  pretesa  autosufficienza  non  puo'  comunque  essere
affermata apoditticamente, ma va corredata da adeguata  dimostrazione
economica e contabile, che nella fattispecie e' assente. 
    Invero non costituisce ottemperanza al precetto  posto  dall'art.
81 la formale indicazione di poste  nel  bilancio  dell'esercizio  in
corso ove convivono,  in  modo  promiscuo  ed  indistinto,  sotto  il
profilo  delle  pertinenti  quantificazioni,  i  finanziamenti,.,  di
precedenti leggi regionali e soprattutto, come  nel  caso  in  esame,
quest'ultime siano insufficienti alla realizzazione delle  originarie
finalita' come rappresentato dall'Istituto dei ciechi "opere  riunite
Florio e Salomone di Palermo" (all. 5). 
    L'art. 60 rubricato «Irtis Finsicilia» da' adito  a  censura  per
violazione dell'articolo 97 della Costituzione. 
    Con esso si dispone l'ulteriore integrazione del  fondo  unico  a
gestione  separata  istituito  presso   l'Irfis-Fininsicilia   S.p.A.
dall'art. 61 della L.R. n. 17/2004 con  le  risorse  destinate  dagli
articoli 60 e  63  della  L.R.  n.  32/2000  per  la  concessione  di
agevolazioni finanziarie, a breve e lungo  termine  in  favore  delle
piccole e  medie  imprese  commerciali,  con  forme  e  modalita'  di
intervento definite e determinate dai medesimi articoli 60 e 63 della
L.R. n. 32/2000. 
    La disposizione in esame, inoltre,  integra  la  norma  contenuta
nell'art. 61 della L.R. n. 17/2004  prevedendo  l'istituzione  di  un
Comitato tecnico consultivo con Decreto del Presidente della  Regione
che dovra' disciplinare "le competenze, la durata e le  modalita'  di
funzionamento" dell'organo. 
    Al Presidente della Regione  e'  altresi'  devoluto  il  compito,
previo  parere  del  Comitato  (del  quale  avra'  prima  liberamente
definito le competenze e  la  durata,  secondo  quanto  previsto  dal
precedente comma 1-quater), di approvare la tipologia ed i settori di
intervento, la ripartizione della disponibilita' del fondo ai diversi
settori (industriali e commerciali) nonche' di determinare  le  nuove
modalita' di funzionamento nel solo rispetto  dei  massimali  fissati
dalla Commissione europea per gli aiuti «de minimis». 
    Orbene tali disposizioni assolutamente generiche,  non  indicando
in concreto alcun criterio  per  la  determinazione  delle  modalita'
attuative, da parte del Presidente della Regione, confliggono con  il
principio  di  legalita'  sostanziale  sancito  dall'art.  97   della
Costituzione (sent. n. 307/2004 e n. 156/1982 C.C.). Codesta Corte ha
affermato  piu'  volte  l'imprescindibile  necessita'  che  in   ogni
conferimento di poteri amministrativi venga osservato il principio di
legalita' sostanziale posto a  base  dello  Stato  di  diritto.  Tale
principio  non  consente  «l'assoluta  indeterminatezza»  del  potere
conferito dalla legge ad una  autorita'  amministrativa  che  produce
l'effetto di attribuire,  come  nel  caso  in  ispecie,  una  "totale
liberta'" al soggetto od organo investito della funzione. 
    Come codesta Corte ha affermato nella sentenza n. 115/2011 non e'
sufficiente che il potere sia finalizzato alla tutela di un bene o di
un valore, ma e' indispensabile che il suo esercizio sia  determinato
nel contenuto e nella modalita',  in  modo  da  mantenere  una,  pure
elastica, copertura legislativa dell'azione amministrativa. 
    La disposizione appare censurabile ulteriormente sotto il profilo
della  violazione  dell'art.  97  della  Costituzione  in  quanto  il
contenuto si appalesa incerto ed ambiguo circa  l'assetto  definitivo
che  dovra'  assumere  l'Irfis  Sicilia  e  che  potenzialmente  puo'
tradursi in cattivo esercizio delle funzioni affidate alle cure della
Pubblica Amministrazione (sent. n. 364/2010 C.C.). 
    Infatti se da un lato il legislatore sembrerebbe voler potenziare
l'attivita' dell'Irfis Sicilia quale societa' finanziaria  regionale,
affidandole la gestione di nuovi fondi ed intensificando  l'attivita'
di indirizzo dell'amministrazione regionale, dall'altro, impone  alla
societa' di apportare entro 60 giorni le modifiche al proprio statuto
ed alla normativa interna, atteso che la stessa  e'  soggetta,  quale
societa'  di   intermediazione   finanziaria,   esclusivamente   alle
disposizioni statali generali e di  carattere  societario  nonche'  a
quelle specifiche del settore bancario. Dalla  relazione  tecnica  si
evince inoltre che l'attuale assetto organizzativo della  societa'  e
l'attuale  statuto  pongono  "aspetti  di  incoerenza  e   potenziale
incompatibilita',  con  riferimento  ai   requisiti   richiesti   per
l'iscrizione  nell'elenco  ex  art.  107  TUB,   sia   in   relazione
all'attuale disciplina dettata dalla Banca d'Italia, sia  con  quella
in vista della prossima applicazione della nuova  normativa  per  gli
intermediari finanziari". Foriera, inoltre, di  materiale  incertezza
sul modo e l'assetto che il legislatore intenda  assegnare  all'Irfis
Sicilia  con  conseguenze  finanziarie  imprevedibili  e'  infine  la
previsione del comma 10 secondo la quale  per  il  perseguimento  dei
suoi compiti istituzionali la stessa puo' acquisire su proposta della
giunta regionale la partecipazione di societa' anche non operanti nel
settore creditizio  finanziario  e  dello  sviluppo  sotto  forma  di
conferimento di quote da parte della Regione che in atto e'  peraltro
impegnata nel piano di riordino e dismissione delle proprie socie  in
base all'art. 20 della L.R. 11/2010 e obbligata ai sensi dell'art.  4
del  D.L.  n.  95/2012  convertito  con  modificazione  dalla  L.  n.
135/2012. 
    L'art. 61, rubricato «Moratoria dei debiti fiscali delle  piccole
e medie imprese nei confronti di Riscossione Sicilia S.p.A.», prevede
una  disciplina  particolare  per  la  concessione  di  dilazioni  di
pagamento per i debiti fiscali delle piccole  e  medie  imprese,  con
sede legale nel territorio della Regione, relativi «per almeno il  50
per cento a tributi di spettanza della Regione o  di  enti  ricadenti
nel territorio della regione, fino a  500.000  euro,  comprensivo  di
sanzione e interessi moratori». 
    Preliminarmente si rileva che  le  disposizioni  contenute  nella
norma in esame non  sono  conformi  ai  principi  della  legislazione
statale di riferimento e che la potesta' legislativa concorrente  che
la Regione Siciliana vanta in materia di riscossione dei  tributi  e'
riconducibile  esclusivamente  all'organizzazione  del  servizio   di
riscossione  e  non  agli  aspetti  sostanziali  della  procedura  di
riscossione dei debiti tributari. 
    Infatti, l'art. 17, primo comma, dello Statuto  Speciale  prevede
che: "Entro i limiti  dei  principi  ed  interessi  generali  cui  si
informa la legislazione dello Stato, l'Assemblea regionale  puo',  al
fine di soddisfare alle  condizioni  particolari  ed  agli  interessi
propri    della    Regione,    emanare    leggi,    anche    relative
all'organizzazione dei servizi, sopra le seguenti materie concernenti
la Regione: .... t) tutte le altre materie che implicano  servizi  di
prevalente interesse regionale",  tra  cui  la  Regione  annovera  il
servizio di riscossione dei tributi. 
    Inoltre, l'art. 70 del d.lgs. 13 aprile  1999,  n.  112,  recante
«Riordino del servizio nazionale  della  riscossione,  in  attuazione
della delega prevista dalla legge 28  settembre  1998,  n.  337",  ha
stabilito, al  comma  2,  che  i  principi  generali  richiamati  nel
perseguimento dei suoi compiti istituzionali la stessa puo' acquisire
su proposta della Giunta  regionale  la  partecipazione  di  societa'
anche non operanti nel settore creditizio d.lgs. n. 112 del  1999  si
applicano anche  alla  Regione  Siciliana  che,  nella  sua  potesta'
legislativa, provvede a disciplinare il servizio di riscossione delle
entrate da riscuotere mediante ruolo. 
    Successivamente, il D.L. 30 settembre 2005, n.  203,  convertito,
con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248,  nel  dettare
disposizioni in materia di servizio nazionale della  riscossione,  ha
previsto, all'art. 3, comma 1, a decorrere dal 1°  ottobre  2006,  la
soppressione del sistema di affidamento in concessione  del  servizio
nazionale della riscossione ed ha  attribuito  le  funzioni  relative
alla riscossione nazionale all'Agenzia delle entrate che le  esercita
mediante Riscossione S.p.A. (ora Equitalia S.p.A.). Il  comma  29-bis
del citato art. 3 ha poi precisato che, nel territorio della  Regione
Siciliana, tale funzione  viene  svolta  dall'Agenzia  delle  entrate
«relativamente alle entrate non spettanti a quest'ultima». 
    L'art. 2 della legge regionale 22 dicembre 2005, n. 19,  prevede,
al comma 1, che "Ai sensi  degli  articoli  36  e  37  dello  Statuto
Speciale della Regione  Siciliana  e  dell'art.  8  del  decreto  del
Presidente  della  Repubblica  del  26  luglio  1965,  n.  1074,   le
disposizioni dell'art. 3 del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203,
... si applicano nel territorio della Regione, salvo quanto  previsto
dalla presente legge». Nei successivi commi 2 e 3 dell'art.  2  della
stessa legge e' stabilito,  infatti,  che  le  funzioni  relative  al
servizio di riscossione in  Sicilia  sono  esercitate  dalla  Regione
mediante la societa' «Riscossione Sicilia S.p.A.». 
    L'esame delle citate disposizioni,  conferma,  quindi,  che  alla
Regione Siciliana  viene  riconosciuta  dal  legislatore  statale  la
potesta' legislativa concorrente esclusivamente  nella  gestione  del
servizio di riscossione, senza che la  stessa  possa  intervenire  in
alcun  modo  sulla  disciplina  sostanziale  della  riscossione   dei
tributi. 
    Pertanto, le disposizioni contenute nell'articolo in  esame,  con
le quali la Regione intende concedere dilazioni di pagamento 'Vino ad
un massimo di sei rate consecutive del piano di dilazione dei  debiti
fiscali, scadute non  oltre  la  data  di  entrata  in  vigore  della
presente legge" sono censurabili,  in  quanto  ledono  la  competenza
legislativa esclusiva dello Stato in  materia  tributaria,  ai  sensi
dell'art. 117, secondo comma, lett. e), della Costituzione. 
    A  sostegno  di  tale  tesi,  si  osserva   che   codesta   Corte
Costituzionale, con  la  sentenza  6  settembre  2003,  n.  296,  nel
sottolineare come nemmeno la tassa automobilistica possa qualificarsi
"«tributo  proprio  della  regione»  nel  senso  oggi  fatto  proprio
dall'art. 119, secondo comma, Cost.», ha escluso che la Regione abbia
il potere di «modificare  i  termini  di  prescrizione  del  relativo
accertamento,  rientrando  la  relativa  materia   nella   competenza
esclusiva dello Stato ai sensi del citato  art  117,  secondo  comma,
lett. e), della Costituzione». 
    Quindi la potesta' legislativa concorrente della regione dovrebbe
essere sempre esercitata nel rispetto e con l'osservanza dei principi
fondamentali contenuti nella legislazione statale, ed in particolare,
in tema di dilazione del pagamento delle somme iscritte  a  ruolo  di
cui all'art.  19  del  d.P.R.  29  settembre  1973,  n.  602  recante
«Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito». 
    Inoltre,  quanto  previsto  dalla  Regione  Siciliana   creerebbe
inevitabili  disparita'  di  trattamento  tra  i   contribuenti   del
territorio nazionale soggetti  alle  restrizioni  del  citato  d.P.R.
602/1973, poiche' verrebbero  concesse  condizioni  decisamente  piu'
favorevoli alle sole imprese con sede  legale  nel  territorio  della
Regione Siciliana. Da cio' deriverebbe una palese  ed  ingiustificata
violazione del principio di  uguaglianza  di  cui  all'art.  3  della
Costituzione,  in  quanto  l'applicazione   delle   norme   contenute
nell'articolo in questione assicurerebbe ai soli  contribuenti  della
Sicilia maggiori garanzie per  la  riscossione  delle  somme  di  cui
risultano debitori. 
    La norma contenuta nell'art. 62 estende agli anni 2014 e 2015 gli
sgravi fiscali per incentivare l'imprenditoria giovanile e  femminile
nella Regione senza determinare ne' l'ammontare della  spesa  ne'  la
corrispondente copertura finanziaria, inoltre nella Relazione tecnica
non e' fatta alcuna menzione del previsto minor gettito. 
    La disposizione pertanto si ritiene essere  in  palese  contrasto
con l'art. 81, comma 4 della Costituzione. 
    L'art 63 testualmente recita: 
        1. Per le finalita' del comma 1 dell'articolo 5  della  legge
regionale 6 aprile 1996, n. 29, l'Irfis FinSicilia e'  autorizzato  a
sostenere,  per  l'esercizio  finanziario  2013,   a   valere   sulle
disponibilita' del Fondo a gestione separata di  cui  all'articolo  8
della legge regionale 17  marzo  1979,  n.  44,  la  spesa  di  1.000
migliaia di euro da destinare all'erogazione dei contributi  relativi
all'anno 2013. 
        2. Con decreto  dell'Assessore  regionale  per  le  attivita'
produttive, di concerto con  l'Assessore  regionale  per  l'economia,
sono emanate le disposizioni applicative del comma 1. 
    La  sopra  riportata  disposizione  da'  adito  a   censura   per
violazione dell'art 81, comma 4 della Costituzione. 
    Preliminarmente si rileva che della stessa non  e'  fatta  alcuna
menzione nella relazione tecnica per cui non e' possibile  verificare
l'attendibilita' della quantificazione dell'onere derivantine. 
    La norma prevede  infatti  che  per  il  corrente  esercizio  sia
corrisposto a tutti i titolari di licenza taxi  o  autorizzazione  di
noleggio  con  conducente  un  contributo  sulle  spese  di  gestione
dell'autoveicolo determinato forfettariamente nella misura  di  1.238
euro. Il legislatore peraltro predispone  la  copertura  della  spesa
determinata in un milione di euro con modalita'  difformi  da  quelle
previste dall'art 17 della L. n. 196/2009 che ai sensi  dell'art.  19
della medesima legge sono tassative anche per le  regioni  a  statuto
speciale. 
    Inoltre la disposizione legislativa non da' alcuna  contezza  ne'
dell'ammontare  della  dotazione  del  fondo  a   gestione   separata
istituita presso l'IRFIS-FinSicilia  ne'  tanto  meno  delle  attuali
disponibilita'. 
    L'art. 64, commi 2 e 3 da' adito a censure per  violazione  degli
artt. 3 e 97 della Costituzione. 
    La norma contenuta nel secondo comma, in base alla quale i  lotti
destinati ad  insediamenti  produttivi  vengono  assimilati  ai  beni
immobili strumentali  rientranti  nel  patrimonio  indisponibile  dei
singoli consorzi in atto in  liquidazione,  la  cui  proprieta'  deve
essere  trasferita  all'Istituto  Regionale  per  lo  Sviluppo  delle
Attivita' Produttive, appare inconciliabile con quanto  disposto  dal
precedente primo comma del medesimo articolo 64 e pertanto e' affetta
dal vizio di irragionevolezza. 
    Infatti con l'intervento di interpretazione autentica di  cui  al
comma 1 il legislatore, da un canto, ribadisce che «in nessun caso e'
consentito che le singole posizioni debitorie dei soppressi  consorzi
ASI transitino  all'IRSAP  ovvero  nel  bilancio  della  Regione»  e,
dall'altro, sottrae la piu' cospicua parte patrimoniale attiva  della
massa   liquidatoria,   su   cui   potenzialmente   possono   trovare
soddisfazioni i creditori dei soppressi  istituti,  nulla  disponendo
peraltro riguardo alle modalita' e forme di finanziamento  in  favore
di quest'ultimi. 
    Il terzo comma inoltre si pone in contrasto con l'art.  97  della
Costituzione in quanto sostanzialmente comporta  la  reviviscenza  di
norme abrogate dall'art. 19, comma 12 della L.R. n. 8/2012. 
    Codesta Corte ha affermato che non e' conforme all'art. 97  della
Costituzione una disciplina "foriera di incertezze"  posto  che  essa
"puo' tradursi in cattivo esercizio delle funzioni affidate alla cura
della pubblica amministrazione" (sent. n. 364/2010). 
    Il fenomeno della riviviscenza di norme abrogate rientra in linea
generale in questa fattispecie  perche'  puo'  generare  "conseguenze
imprevedibili" (sent.  n.  13/2012)  valutabili  anche  con  riguardo
all'obbligo del legislatore di assicurare  il  buon  andamento  della
pubblica amministrazione. (sent. n. 70/2013). 
    L'art. 65 prevede che «Al  fine  di  favorire  la  ricomposizione
fondiaria ... gli atti di trasferimento a titolo oneroso  di  terreni
agricoli ... sono soggetti alle  imposte  di  registro  e  ipotecaria
nella misura fissata dal comma 4-bis dell'art. 2 del D.L. 30 dicembre
2009 n. 194 ... e sono esenti dalle imposte di bollo e catastale.». 
    La norma, nell'incidere sull'ambito di  applicazione  di  tributi
statali, appare in palese contrasto con l'art.  117,  secondo  comma,
lett. e), della Costituzione. 
    Essa,  infatti,  non  si  limita  a  riprodurre  le  agevolazioni
previste dal citato art. comma 4-bis, del D.L. n. 194 del  2009  -  a
favore   dei   coltivatori   diretti   ed    imprenditori    agricoli
professionali, iscritti  nella  relativa  gestione  previdenziale  ed
assistenziale, nonche' le  operazioni  fondiarie  operate  attraverso
l'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA) - ma
ne estende arbitrariamente la portata, in violazione  della  potesta'
legislativa esclusiva statale in  materia  tributaria,  a  tutti  gli
«imprenditori agricoli singoli o associati». 
    La  norma,  inoltre,  proroga  fino  al  2015  alcune  misure  di
esenzioni dalle imposte di bollo e catastali a  favore  dei  medesimi
soggetti gia' previste dal comma 1 dell'art.  60  L.R.  n.  2/2002  e
s.m.i. ma nella relazione tecnica redatta dal Ragioniere generale non
e' in alcun modo indicato il criterio seguito per  la  determinazione
delle  minori  entrate  rendendo   cosi'   arbitraria   la   prevista
quantificazione. 
    Si rileva inoltre che la forma di copertura prevista (parte delle
economie realizzate sulla L.R.  n.  19/2005)  non  puo'  considerarsi
riconducibile alle modalita' prescritte  dall'art.  17  della  1.  n.
196/2009 cogente per le regioni a  statuto  speciale  secondo  quanto
previsto dall'art. 19 della medesima legge. 
    L'art. 66 e' di dubbia interpretazione in quanto  lo  stesso  non
appare formare sistema con la disposizione contenuta nell'articolo 27
della L.R. n. 8/2008 oggetto di integrazione  che,  a  sua  volta  ha
modificato l'art. 2 della L.R. n 37/1994. 
    Sostanzialmente la disposizione  teste'  approvata  introdurrebbe
una  nuova  fattispecie  di  provvidenze  regionali   ammettendo   al
beneficio soggetti prima esclusi  in  tutto  o  in  parte  in  virtu'
dell'art. 2, comma 5 della L.R. n. 37/1994. 
    Tale norma rappresentando un  aiuto  di  Stato  alle  cooperative
agricole ha costituito oggetto dell'esame prima della  Commissione  e
successivamente del  Consiglio  dell'Unione  Europea  ai  fini  della
verifica della compatibilita' con il mercato comune. 
    In particolare il Consiglio, con decisione dell'8 aprile 2003, ha
ritenuto il sostegno finanziario disposto dalla Regione siciliana con
la cennata legge n. 37 del 1994 compatibile con il mercato comune  in
quanto riferentesi esplicitamente alla legge 237/1993, gia'  valutata
positivamente dallo stesso Consiglio  con  decisione  del  22  luglio
1997, in quanto «definiva l'elenco dei beneficiari  in  funzione  dei
criteri richiesti per l'iscrizione nell'elenco di cui alla  normativa
nazionale». 
    Un'ulteriore estensione dei benefici, come nel caso  in  ispecie,
per fattispecie non contemplate dalla L.R. 37/1994,  ne'  tanto  meno
dalle leggi nazionali  237/1993  e  338/2000,  non  e'  da  ritenersi
consentito. 
    Il Consiglio Europeo, infatti,  ha  ritenuto,  con  la  decisione
prima citata, conforme all'articolo 88, paragrafo 2, del Trattato  CE
l'intervento finanziario della Regione unitamente alle leggi  statali
di riferimento, poiche'  esistono  circostanze  eccezionali  tali  da
consentire di considerare compatibile il sostegno economico "a titolo
di deroga e nella misura strettamente necessaria". L'attribuzione dei
benefici anche per situazioni originariamente non  contemplate  dalla
piu' volte cennata L.R. 37/1994, ponendosi in palese contrasto con la
decisione del Consiglio dell'Unione espone  lo  Stato  italiano  alla
procedura  di  infrazione  comunitaria   e   costituisce   violazione
dell'articolo 117, comma 1 della Costituzione, nonche' degli articoli
3 e 97 Cost. 
    La  norma,   inoltre,   introducendo   un'ulteriore   fattispecie
ammissibile comporterebbe l'obbligo  per  gli  uffici  competenti  di
riformulare una nuova  graduatoria  dei  beneficiari  a  modifica  di
quella  gia'  definitiva  ed  operante  con  innegabile  aggravio  di
procedure e conseguente  violazione  del  richiamato  art.  97  della
Costituzione. 
    L'articolo 69, che si trascrive, si ritiene essere  in  contrasto
con gli articoli 3, 97 ed 81, comma 4 della Costituzione. 
    1. L'Amministrazione regionale, gli enti locali e gli altri  enti
sottoposti  a  controllo  e  vigilanza  della  Regione  applicano  le
disposizioni di cui all'art. 1 della legge 29 luglio 1949, n.  717  e
successive modifiche ed integrazioni. 
    2. In applicazione delle disposizioni di  cui  al  comma  1,  una
quota  della  spesa  totale  prevista  in  ciascun  progetto  per  la
costruzione di edifici  pubblici  nonche'  di  opere  pubbliche,  non
inferiore alle percentuali indicate al  comma  1  dell'art.  1  della
legge 29 luglio 1949, n. 717, e' versata in un  capitolo  di  entrata
del bilancio della Regione per essere iscritta in un  apposito  fondo
con decreto del Ragioniere generale della  Regione  da  destinare  ad
iniziative di  carattere  culturale,  individuate  annualmente  dalla
Giunta  regionale,  su  proposta  dell'Assessore  regionale  per   il
turismo, lo sport  e  lo  spettacolo,  di  concerto  con  l'Assessore
regionale per i beni culturali e l'identita' siciliana. 
    3. Il fondo di cui al  comma  2  puo'  essere  utilizzato,  nella
misura massima del 50 per cento delle  risorse  annualmente  versate,
per iniziative di carattere sociale, comprese quelle di sostegno alla
poverta'. 
    4. Con decreto del Presidente della Regione sono  individuate  le
modalita' ed i criteri di erogazione. 
    La sopracitata disposizione mentre,  da  un  canto,  al  comma  1
dispone l'applicazione in ambito regionale di una norma statale  gia'
per se' operante, dall'altro, nel successivo comma 2,  ne  amplia  la
portata estendendola anche alle opere pubbliche e non ai soli edifici
pubblici, imponendo  al  contempo  agli  enti  locali  ed  agli  enti
sottoposti a controllo o vigilanza della Regione l'obbligo di versare
una quota percentuale della spesa compresa tra il  2  e  lo  0.5  per
cento, previsti in ciascun progetto, in un capitolo  di  entrata  del
bilancio regionale da destinare  a  finalita'  culturali  annualmente
determinate  dalla  Giunta  regionale  e/o  per  iniziative  sociali,
comprese quelle di sostegno alla poverta'. 
    Le finalita' perseguite  dai  commi  2  e  3  risultano  pertanto
confliggenti con quella  del  comma  1  (abbellimento  degli  edifici
pubblici  mediante  opere  d'arte)  di  cui  si  afferma  voler  dare
applicazione, manifestando cosi' la norma di essere affetta da palese
irragionevolezza. 
    Occorre altresi' rilevare che  il  legislatore  non  delimita  le
risorse finanziarie  con  cui  sono  realizzate  le  opere  pubbliche
escludendo  quelle  di  provenienza  comunitaria   con   vincolo   di
destinazione, ne' indica le modalita' con cui gli  enti  appartenenti
alla finanza pubblica derivata  devono  far  fronte  al  nuovo  onere
imposto, con cio' violando l'articolo 81, comma 4 della Costituzione. 
    La disposizione appare  altresi'  censurabile  sotto  il  profilo
della   violazione   del   principio   di    legalita'    dell'azione
amministrativa posto dall'articolo 97 Cost. atteso che  non  delimita
in alcun modo il potere attribuito al  Presidente  della  Regione  di
individuare le modalita' e i criteri  di  erogazione  dell'istituendo
fondo (CC. Sent. n. 307/2003 e n. 32/2009). 
    L'art. 71, comma 2 pone a carico del Fondo di quiescenza  l'onere
delle spese di funzionamento ed organizzazione sino alla  concorrenza
di 550 migliaia di euro mediante l'utilizzo di parte degli  interessi
maturati a valere sulle eccedenze  delle  disponibilita'  finanziarie
delle gestioni di cui al combinato disposto degli articoli  13  e  15
del decreto del Presidente della Regione 23 dicembre 2009, n. 14. 
    Detta disposizione sostituisce il  comma  16  dell'art.  15  L.R.
6/2009 che prevede un onere annuo di 200  migliaia  di  euro  per  le
medesime finalita'. 
    Considerato anche che nella relazione tecnica non e' fatta alcuna
menzione riguardo alla quantificazione degli  oneri  derivanti  dalla
stessa disposizione ne' all'esistenza e all'ammontare degli interessi
maturati  sulle  eccedenze  delle  disponibilita'  finanziarie  delle
gestioni affidate al Fondo, si ritiene che la norma sia in  contrasto
con l'art. 81, comma 4 Cost.  in  quanto  dispone  una  modalita'  di
copertura finanziaria difforme da quelle  previste  dall'art.  17  L.
196/2009. 
    L'art. 72 rubricato «Rifinanziamento leggi  di  spesa»  autorizza
per il triennio 2013-2015 la spesa complessiva di 296.435 migliaia di
euro per il corrente esercizio per le finalita' di cui alle  norme  e
loro modifiche ed integrazioni riportate nell'allegato 1. 
    Orbene  nel  menzionato  allegato,  fra  le  norme   oggetto   di
rifinanziamento triennale,  e'  inserito  l'art.  12  della  L.R.  n.
36/1990 ed i  relativi  capitoli  320013,  320014  e  320015  per  un
ammontare complessivo di spesa nel 2013 di 748 mila  euro  e  di  754
mila euro per ognuno degli anni 2014 e 2015. 
    La spesa, definita obbligatoria per il  capitolo  320013,  sembra
riferirsi alle retribuzioni dei dirigenti assunti  con  contratto  di
lavoro a termine presso l'Agenzia Regionale del lavoro. 
    La suddetta Agenzia in base all'art. 11, comma 12 della  L.R.  n.
26/2012 e' stata soppressa a  decorrere  dal  1°  luglio  2012  e  le
funzioni e competenze sono state trasferite al Dipartimento regionale
lavoro presso l'Assessorato regionale della famiglia, delle politiche
sociali e del lavoro e con successivo Regolamento, D.P.Reg. n. 6  del
18 gennaio 2013, sono  stati  rimodulati  gli  assetti  organizzativi
dello stesso. 
    Con ricorso del 26 aprile 2012 lo scrivente aveva  sottoposto  al
vaglio di codesta Corte la disposizione dell'art. 11,  comma  12  del
disegno di legge n. 801, divenuto L.R. n. 26/2012, in quanto, sebbene
fosse  stata  disposta  la  soppressione  dell'Agenzia  regionale  in
questione, veniva mantenuta la previsione dell'art.  12  comma  2-bis
della L.R. n. 36/1990 (adesso indicata  quale  norma  di  riferimento
nell'autorizzazione  della  spesa)  che  disponeva  l'assunzione   di
personale dirigenziale con selezione diretta e  mediante  stipula  di
contratti quinquennali di diritto privato rinnovabili. 
    Tale previsione si riteneva essere in palese contrasto con l'art.
9, comma 28 del D.L. n. 78/2010 e quindi lesiva dell'art. 117,  comma
3 in tema di coordinamento della finanza pubblica. 
    La norma impugnata e'  stata  omessa  in  sede  di  promulgazione
parziale  della  legge  e  quindi  non  e'  entrata   a   far   parte
dell'ordinamento giuridico regionale. 
    Vieppiu', in occasione dell'approvazione del disegno di legge  n.
58 era stato soppresso un emendamento che consentiva il  mantenimento
in servizio di detto personale. 
    E' di tutta  evidenza  che  l'inserimento  nell'allegato  1  alla
presente legge, dei capitoli di spesa  rifinanziati  costituisce  uno
strumento surrettizio per il mantenimento  servizio  almeno  sino  al
2015 di  dipendenti  con  rapporti  di  lavoro  a  tempo  determinato
contrasto con gli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione e con l'art. 9,
comma 28 del D.L. n. 78/2010 secondo cui a decorrere  dall'anno  2011
le amministrazioni possono avvalersi di personale a tempo determinato
nel limite del 50% della spesa  sostenuta  per  la  stessa  finalita'
nell'anno 2009. 
    Si  rileva  inoltre  che  gli  attuali   stanziamenti   risultano
incrementati (per il capitolo 320013 di oltre  il  50%)  rispetto  ai
dati rendicontati negli esercizi 2010 e 2011 e previsti sul 2012. 
      
 
    

------------------------------------------------------------
    Cap.    |     320013     |     320014    |     320015
------------|----------------|---------------|--------------
    2010    |       398      |       36      |       59
------------|----------------|---------------|--------------
    2011    |       400      |       49      |       101
------------|----------------|---------------|--------------
    2012    |       431      |        6      |       117
------------------------------------------------------------

    
 
    Si osserva infine che sebbene la spesa «Stipendi ed altri assegni
fissi al personale con qualifica dirigenziale  a  tempo  determinato»
del capitolo 320013 sia definita obbligatoria, il  suddetto  capitolo
non e' riportato tra le spese nell'elenco 1 del bilancio regionale. 
    L'articolo  74  rubricato  «Contributi   ad   enti,   fondazioni,
associazioni  ed  altri  organismi»  dispone  il   finanziamento   di
complessivi  24  milioni  di  euro  ripartito  fra  135  istituzioni,
elencate all'allegato 2 della legge, per l'importo indicato a  fianco
di ciascuna di esse. 
    La norma da' adito a rilievi di carattere costituzionale sotto il
profilo della violazione degli artt. 3 e 97 Cost. per i motivi che di
seguito si espongono. 
    A fronte di una legislazione ordinaria e di principio che prevede
l'ammissione a contributi pubblici di tutti  i  soggetti  pubblici  e
privati su un piano di parita' per il mantenimento e  l'esercizio  di
attivita' di rilevante interesse culturale e sociale  fruibili  dalla
collettivita', l'Assemblea regionale  interviene  nuovamente  con  un
provvedimento  ad  hoc   destinato   esclusivamente   a   determinate
istituzioni, da anni fruitrici provvidenze pubbliche  senza  ancorare
la scelta operata a precisi e confacenti parametri di comparazione  e
valutazione. 
    Il principio di eguaglianza esige che le leggi singolari, come la
norma  in  esame,  corrispondano  ad   obiettive   diversita'   delle
condizioni considerate  rispetto  a  quelle  di  enti  similari,  che
giustifichino  razionalmente  ed  obiettivamente  la  disciplina   di
privilegio adottata. Ove sussistono situazioni  omogenee  rispetto  a
quelle singolarmente considerate  si  incorre  nella  violazione  del
principio  di  eguaglianza  perche'  si  determinano   ingiustificate
posizioni di vantaggio per le istituzioni  beneficiarie  della  norma
rispetto a quelle escluse. 
    Orbene, se non sono contestabili la valenza ed il rilievo,  anche
a livello  ultra  regionale,  di  talune  associazioni  e  fondazioni
destinatarie dei contributi, cio' che costituisce motivo  di  censura
e' l'omessa valutazione e  comparazione  delle  loro  situazioni  con
quelle delle  altre  istituzioni  operanti  in  medesimi  settori  in
Sicilia. 
    Detto  esame  comparativo  avrebbe  potuto  (e   dovuto)   essere
effettuato mediante una esaustiva istruttoria amministrativa  operata
dalla competente Commissione legislativa  prima  dell'adozione  della
legge dalla cui conclusione potesse emergere una obiettiva diversita'
di condizioni che giustificasse la scelta operata dal legislatore  in
favore dei 135 enti in questione con esclusione degli altri casi  cui
lo stesso trattamento avrebbe potuto estendersi. 
    Invero non risulta leso il  principio  di  cui  all'art  3  della
Costituzione soltanto nell'ipotesi in cui  le  situazioni  giuridiche
messe  a  confronto  sono   intrinsecamente   eterogenee   e   quando
differiscono tra loro per aspetti del tutto particolari. 
    Il   legislatore,   inoltre,   non   ha   tenuto   nella   debita
considerazione  la  circostanza  che  le  istituzioni  in   argomento
potrebbero essere gia' destinatarie di provvidenze erogate  da  altri
soggetti pubblici e cio' al  fine  di  garantire  non  solo  la  «par
condicio» tra  i  vari  enti  ed  associazioni  ma  anche  l'ottimale
utilizzazione delle risorse, peraltro esigue, destinate  a  garantire
il soddisfacimento dei bisogni della collettivita'  in  ambito  socio
culturale. 
    Inoltre  la  disposizione  impugnata,   che   si   connota   come
legge-provvedimento in quanto incide su un numero determinato benche'
elevato  di  destinatari  ed  ha  contenuto  particolare  e  concreto
attribuendo a ben precisi soggetti collettivi sovvenzioni in  denaro,
deve essere soggetta ad un  scrutinio  stretto  di  costituzionalita'
(sentenze n. 2 e 153 del 1997, n. 227  del  2007)  sotto  il  profilo
della non arbitrarieta'  e  non  irragionevolezza  della  scelta  del
legislatore. 
    Dalla giurisprudenza  costituzionale  si  ricava  che  lo  stesso
legislatore, quando emette leggi a  contenuto  provvedimentale,  deve
applicare con  particolare  rigore  il  canone  della  ragionevolezza
(sentenza  n.  137/2009)  affinche'  il  ricorso  a  detto  tipo   di
provvedimento non si risolva in una modalita' per aggirare i principi
di eguaglianza ed imparzialita'. La possibilita', non  esclusa  dalla
Costituzione, per il legislatore di svolgere un'attivita' a contenuto
amministrativo non puo' spingersi sino a violare l'uguaglianza fra  i
cittadini come nel caso in esame. Il  legislatore  siciliano  infatti
nell'adottare un'attivita' a contenuto particolare e concreto non  ha
dato modo di individuare i criteri ai quali sono  state  ispirate  le
scelte e le relative modalita' di attuazione. 
    Proprio   in   questa   prospettiva    si    ritiene    che    la
norma-provvedimento in questione sia in contrasto con l'art. 3  della
Costituzione non avendo rispettato il principio  di  eguaglianza  nel
suo significato di parita' di trattamento. 
    Ne'  dal  testo  della  norma,  che  contiene   con   il   rinvio
all'allegato 2 un mero elenco di destinatari e di importi  ripartiti,
ne' dai lavori  preparatori  della  legge,  come  prima  prospettato,
emerge la ratio giustificatrice di ogni caso concreto non  risultando
pertanto che l'Assemblea regionale abbia osservato criteri  obiettivi
e trasparenti nella scelta dei beneficiari dei contributi. 
    La norma, secondo quanto affermato da codesta Corte  su  un  caso
similare deciso con sentenza n. 137  del  2009,  si  risolve  "in  un
percorso privilegiato per la distribuzione di contributi  in  denaro,
con prevalenza degli interessi di taluni soggetti collettivi rispetto
a quelli, parimenti meritevoli di tutela, di altri enti esclusi, ed a
scapito quindi dell'interesse generale».